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Shadow, un’ombra in Formula 1

E’ durata una decina d’anni l’avventura in Formula 1 della Shadow, scuderia fondata dall’ex agente segreto della CIA Don Nichols. Una sola vittoria, quella di Alan Jones in Austra in el 1977

Qualche anno dopo la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti tornarono ad impiegare in battaglia i loro soldati. Dal 1950 al 1953 nel Sud Est asiatico ebbe luogo la cosiddetta Guerra di Corea che portò alla creazione di due Stati, Corea del Nord e Corea del Sud. Accanto alle truppe in armi gli Usa, come sempre accade, inviarono a Seul e dintorni un buon numero di spie e agenti segreti della CIA pronti ad acquisire informazioni da passare al proprio Paese. Tra di loro c’era anche un tipo piuttosto solitario e dal carattere chiuso. Il suo nome è Don Nichols che, nato nel novembre del 1924 in Missouri, aveva già servito la patria nella seconda guerra mondiale.

Finita la guerra Nichols rimane in Asia, in Giappone diventa venditore di gomme Good Year e Firestone oltre che consulente per gli ingegneri che progettano nuovi circuiti per il motorsport. Sul finire degli Anni ’60 torna a casa ed in California fonda una società, la Advanced Vehicle Systems Incorporated, che opera nel campo dello sport automobilistico. Le sue vetture saranno denominate Shadow, ovvero ombra in inglese, ed hanno come simbolo il profilo di un uomo con mantello e cappello. Un chiaro richiamo al suo passato.

La prima vettura, la MKI, è una Sport Gruppo 7 a motore Chevrolet per la serie Can-Am disegnata da Trevor Harris che punta tutto sull’aerodinamica in un periodo in cui questa scienza nel settore del motorsport non era ancora così raffinata. Per ridurre al massimo la resistenza all’avanzamento il frontale della MKI era estremamente ridotto con il pilota seduto a pochissimi centimetri dall’asfalto: basti dire che all’anteriore montava gomme Firestone da 17 pollici e da 19 al posteriore mentre le altre vetture adottavano, rispettivamente, gomme da 24 e 26… Il motore V8 Chevrolet era raffreddato da radiatori sistemati nell’ala posteriore. La vettura esordisce nel 1970 con George Follmer e Vic Elford senza ottenere particolari risultati. L’anno dopo la MKII con l’inglese Jackie Oliver è terza a Edmonton.

Nel 1972 Don Nichols chiama il progettista Peter Bryant che firma la MkIII che correrà nella Can-Am sempre con Oliver, in qualche gara sarà presente una seconda vettura per Bobby Allison e per il brasiliano Carlos Pace ed arriva uno sponsor importante, la UOP, Universal Oil Products. Con la Shadow DN2 nel 1973 Oliver sale due volte sul podio mentre l’anno dopo s’aggiudica la serie nordamericana con quattro vittorie in cinque gare, in classifica Oliver precede il compagno di squadra Follmer. La vettura è la DN4 con il motore Chevrolet. Nel frattempo Nichols, forte dei soldi della UOP, annuncia l’ingresso in Formula 1 a partire dalla stagione 1973. Il progettista è l’inglese Tony Southgate, in arrivo dalla BRM dove aveva disegnato la P160B con cui Jean Pierre Beltoise vinse il GP di Montecarlo 1972. Team manager è Alan Rees che lascia la March di cui nel 1969 fu uno dei fondatori. I piloti sono Jackie Oliver e George Follmer. Il motore è il classico Ford Cosworth. Il team americano fa base in Inghilterra, a Weedon nel Buckinghamshire, ed in attesa che la sede sia pronta Southgate realizza il prototipo della DN1 nel garage di casa sua… All’esordio, in Sud Africa, Follmer è sesto, poi è terzo in Spagna mentre Oliver è terzo in Canada. A fine anno la Shadow si piazza ottava tra i Costruttori.

Per il 1974 Southgate disegna la DN3, i nuovi piloti sono il fresco Campione d’Europa di Formula 2, il francese Jean Pierre Jarier, e l’americano Peter Revson, erede della famiglia proprietaria dell’azienda di cosmetici Revlon. La stagione non inizia bene: in Argentina i due si ritirano al secondo giro dopo essersi toccati, in Brasile si fermano per problemi meccanici. Ma il peggio arriva nel GP del Sud Africa a Kyalami: in prova sulla vettura di Revson si rompe una sospensione e l’americano finisce contro una barriera, morendo sul colpo. Sulla seconda vettura sale prima l’inglese Brian Redman. Jarier al GP di Monte Carlo è terzo e quinto ad Anderstorp. In Olanda al posto di Redman arriva il gallese Tom Pryce che in Germania conquista un punto.

Nel 1975 sulla DN5 restano Jarier e Pryce con il primo che segna la pole position nei primi due GP dell’anno, Argentina e Brasile. In Spagna Jarier è quarto, Pryce in Belgio conquista un punto, idem in Olanda mentre è quarto al Nürburgring. Il gallese poi è terzo nel GP d’Austria vinto da vinto Brambilla e ancora sesto a Monza. Ma questi ultimi due Gran Premi sono importanti anche per un altro motivo. Grazie all’intercessione di Jarier, che correva con i francesi nel Mondiale Sport, la Matra fornisce alla Shadow il suo motore V12 attorno al quale Southgate disegna la DN7 ma il progetto con il motore francese non va avanti e la Shadow torna al Cosworth.

Parallelamente prosegue l’attività nelle corse americane. Nel 1975 Jackie Oliver è quarto in Formula 5000 con la DN5 mentre l’anno dopo porta la DN6B al terzo posto in campionato. Alla fine del 1976 Don Nichols decide di concentrarsi sulla Formula 1. Nel Mondiale 1976 di F1 i piloti sono ancora Jarier e Pryce ma la UOP decide di abbandonare le corse e quindi il team, per risparmiare, si limita ad aggiornare la vettura che ora si chiama DN5B. Pryce è terzo in Brasile, prova d’apertura della stagione, poi sarà quinto a Brands Hatch e quarto in Olanda dove corre con la nuova DN8. Jarier, invece, non va mai a punti e per il 1977 accetta l’offerta della ATS-Penske mentre la Shadow va avanti grazie a Jackie Oliver che porta sponsor come la Bic e la Lucky Strike prima di firmare un contratto importante con l’azienda svizzera di sigari Tabatip che nel 1977 promuove uno dei suoi marchi di sigari, la Villiger.

In quella stagione Pryce corre con la DN8, l’italiano Renzo Zorzi (supportato dal finanziere Franco Ambrosio) ha una DN5B con cui in Brasile conquista un punto prima di passare anche lui alla DN8 da Kyalami. Al 23° giro del GP del Sud Africa Zorzi si ferma sul rettilineo principale con il motore rotto che, per un ritorno di fiamma, prende fuoco. Due commissari con l’estintore attraversano la pista mentre stanno arrivando due vetture: sono la March 761 di Stuck e l’altra Shadow di Pryce che lo sta superando. Il primo commissario riesce ad attraversare la pista, il secondo no: Frederick Jansen van Vuuren, 19 anni, è investito dal gallese che lo vede all’ultimo istante. Il ragazzo muore sul colpo, l’estintore che aveva in mano colpisce in pieno viso Pryce che muore pure lui all’istante. La sua auto impazzita percorre tutto il rettilineo e colpisce la Ligier di Jacques Laffite che si stava apprestando ad impostare la curva in fondo al rettilineo.

L’australiano Alan Jones prende il posto di Pryce e coglie un punto a Monaco, dove al posto di Zorzi corre il giovane padovano Riccardo Patrese. Il 14 agosto a Zeltweg Jones regala al team la prima vittoria (e sarà anche l’ultima) in F1. Sulla seconda vettura si alternano vari piloti: Jackie Oliver, Arturo Merzario ed il figliol prodigo Jarier. Nelle ultime gare dell’anno torna Patrese che in Giappone coglie un punticino.

Per 1978 Alan Rees, Tony Southgate e lo sponsor Franco Ambrosio se ne vanno con Patrese creando la Arrows. Nuovo progettista è John Baldwin che termina la DN9 abbozzata da Southgate. Nichols sceglie due piloti esperti come Hans Stuck e Clay Regazzoni, sempre con lo sponsor Villiger. Lo svizzero conquista un quinto posto in Brasile ed un altro ad Anderstorp ma per ben cinque volte non si qualifica. Stuck non si qualifica due volte ed è quinto a Brands Hatch.

Nichols non ha più lo stesso entusiasmo ma va avanti. John Gentry modifica le vetture in vista della stagione 1979, si chiameranno DN9B ed i piloti sono due giovani esordienti, l’olandese Jan Lammers ed il romano Elio De Angelis, entrambi con una ricca “dote”. La macchina non è competitiva: unico raggio di luce il quarto posto di De Angelis (che nel 1980 passerà alla Lotus) a Watkins Glen, ultimo appuntamento stagionale.

In inverno Richard Owen e Vic Morris, andato via Gentry, disegnano la DN11 per l’irlandese David Kennedy e lo svedese Stefan Johansson che ben presto lascia il sedile all’inglese Geoff Lees. Le Shadow non vanno mai a punti e Don Nichols, sfiduciato, decide di interrompere l’attività in Formula 1 vendendo tutto a Teddy Yip, un uomo d’affari di Hong Kong, che nel 1981 schiererà le DN12 con il nome Theodore per il francese Patrick Tambay e lo svizzero Marc Surer. Nichols torna negli Stati Uniti dove sviluppa veicoli militari denominati ShadowBox. Sono veicoli da combattimento compatti e mobili in grado di essere trasportati da elicotteri o all’interno dei convertiplani Bell Boeing V-22 Osprey. Muore a 92 anni il 21 agosto 2017.