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Lamborghini Miura e le sue evoluzioni: missili di razza

Lamborghini Miura SV

La carrozzeria di Grugliasco non aveva legami con i principali concorrenti di Lamborghini, Ferrari e Maserati. Inoltre, il fallimento della carrozzeria Touring alla fine del 1966, che aveva disegnato le precedenti 350 e 400 GT, lasciava Lamborghini in cerca di un nuovo partner. E così…

Il Salone di Torino del 1965 rappresentò un momento di svolta nella storia dell’automobilismo sportivo. In quell’occasione, Lamborghini espose un autotelaio rivoluzionario, denominato TP400, che avrebbe segnato l’inizio di una nuova era per le auto sportive. Questo telaio in lamiera scatolata, sviluppato dai tecnici Gian Paolo Dallara e Paolo Stanzani, era caratterizzato da una configurazione innovativa del motore e delle sospensioni.

Il TP400 ospitava il motore e le sospensioni della Lamborghini 400 GT, ma con una fondamentale differenza: il motore era montato trasversalmente tra l’abitacolo e l’assale posteriore. Questa soluzione, ispirata da alcune auto da competizione dell’epoca come la Ford GT40 e la Ferrari 250 LM (che però montavano il motore in posizione longitudinale), permetteva di ridurre considerevolmente l’ingombro. In un’epoca in cui la maggior parte delle Gran Turismo sportive adottavano la configurazione motore anteriore e trazione posteriore, questa scelta rappresentava un audace passo avanti.

Tra i visitatori del Salone, Nuccio Bertone fu particolarmente colpito dalla novità presentata da Lamborghini. Affascinato dal progetto, si rivolse a Ferruccio Lamborghini con una proposta ambiziosa: “Io sono quello che può fare la scarpa al tuo piede”. Lamborghini, seppur inizialmente scettico e convinto che il progetto sarebbe stato una semplice trovata pubblicitaria (“Sarà una buona pubblicità, ma non ne venderemo più di 50”), decise di dare il via libera alla produzione, motivato anche dall’entusiasmo dimostrato dalla potenziale clientela.

La scelta di Bertone come carrozziere fu influenzata da diversi fattori. Innanzitutto, la carrozzeria di Grugliasco non aveva legami con i principali concorrenti di Lamborghini, Ferrari e Maserati. Inoltre, il fallimento della carrozzeria Touring alla fine del 1966, che aveva disegnato le precedenti 350 e 400 GT, lasciava Lamborghini in cerca di un nuovo partner. La nuova auto, disegnata in soli quattro mesi dal giovane stilista Marcello Gandini, fu battezzata Miura, in onore dell’allevatore di tori da combattimento Don Eduardo Miura Fernandez, rispecchiando il segno zodiacale del toro sotto cui era nato Ferruccio Lamborghini.

Presentata al Salone dell’automobile di Ginevra del 1966, la Miura P400 suscitò un entusiasmo immediato e travolgente. La vettura lasciò senza fiato i visitatori, rendendo obsolete tutte le supercar dell’epoca e inaugurando una nuova era nel settore delle automobili sportive. La Miura non solo superò le aspettative di vendita di Ferruccio Lamborghini, ma divenne anche il precursore di una lunga tradizione di auto Lamborghini con nomi ispirati alla tauromachia.

La Miura rimane, a distanza di decenni, un simbolo di innovazione e audacia, testimoniando la capacità di Lamborghini di ridefinire continuamente i confini dell’ingegneria automobilistica e del design.

Il telaio della Miura salone di Torino del 1965
Il telaio della Miura salone di Torino del 1965

Le evoluzioni della specie

P400

Quando la Lamborghini Miura P400 fu presentata al Salone di Ginevra del 1966, fece scalpore con il suo design innovativo e le sue prestazioni eccezionali. Tuttavia, gli esemplari di produzione differivano significativamente dal prototipo di Ginevra, che era stato realizzato in tempi brevissimi.

Uno dei cambiamenti principali riguardò le ruote: le eleganti ruote a raggi del prototipo furono sostituite con altre in lega di magnesio prodotte dalla Campagnolo, offrendo una maggiore leggerezza e resistenza. Anche il cambio subì una modifica fondamentale: il senso di rotazione fu invertito per eliminare le vibrazioni che si erano manifestate durante le prime prove.

La frizione a triplo disco, originariamente posizionata all’ingresso del cambio, fu rimpiazzata da una più semplice frizione monodisco montata all’estremità dell’albero motore. Inoltre, per migliorare la dispersione di calore del motore, la copertura in plexiglas fu sostituita da una persiana fissa di plastica. Questo motivo a listelli paralleli si ritrovava in vari elementi stilistici, inclusi gli sfoghi del radiatore e le caratteristiche “ciglia” attorno ai fari anteriori a sollevamento elettrico.

La carrozzeria della Miura rimase invariata nella sua costruzione in acciaio, con un’altezza di appena 110 cm, mentre i cofani anteriore e posteriore erano realizzati in alluminio. La vettura era dotata di un piccolo portabagagli dietro al motore, poiché la zona anteriore era completamente occupata da serbatoio, radiatore e ruota di scorta. I vetri delle porte, privi di cornice, mantenevano un massiccio traversino posteriore che integrava la presa d’aria del motore, anch’essa con listelli paralleli.

Una caratteristica insolita della Miura era la posizione di alcuni comandi, montati sul soffitto dietro allo specchio retrovisore interno, conferendo all’abitacolo un aspetto futuristico e avanguardistico.

Il motore della P400 era un V12 da 3,9 litri progettato da Giotto Bizzarrini. Rispetto alla 400 GT, il cambio era posizionato a fianco dell’albero motore all’interno di un unico basamento in alluminio. La vettura montava quattro nuovi carburatori Weber 40IDL3C tricorpo, in sostituzione dei sei bicorpo precedenti, e la lubrificazione fu modificata in un sistema a carter umido. La potenza dichiarata era di 350 hp (260 kW), una cifra impressionante per l’epoca.

Il successo della Miura fu immediato e travolgente. Lamborghini, che aveva previsto una produzione di una ventina di esemplari all’anno, ne consegnò ben 108 solo nel 1967, non riuscendo comunque a soddisfare tutta la domanda. Durante i circa due anni e mezzo di produzione della P400, furono realizzati complessivamente 275 esemplari, consolidando la Miura come una delle auto sportive più iconiche e desiderate di sempre.

P400S

Alla fine del 1968, Lamborghini lanciò sul mercato una nuova versione della Miura, denominata Miura P400 S. Questa evoluzione della celebre supercar rappresentava un significativo miglioramento rispetto al modello precedente, sia in termini di prestazioni che di comfort.

La Miura P400 S si distingueva per un aumento della potenza a 370 hp (276 kW), ottenuto grazie a sostanziali modifiche all’aspirazione e alle camere di combustione. Questi interventi tecnici permettevano al V12 da 3,9 litri di sprigionare maggiore potenza, migliorando ulteriormente le già straordinarie prestazioni della vettura.

L’interno della Miura P400 S fu aggiornato con miglioramenti significativi alle tappezzerie, offrendo un ambiente ancora più lussuoso e raffinato. Inoltre, furono installati i vetri elettrici, una novità che aggiungeva ulteriore comodità e modernità al modello. Questi miglioramenti rispondevano alle esigenze di una clientela sempre più sofisticata e attenta al comfort.

Esternamente, la Miura P400 S manteneva l’eleganza e l’aggressività della linea originale, con poche modifiche distintive. Tra queste, le cornici del parabrezza e dei fari cromate, che conferivano un tocco di classe e raffinatezza alla vettura. Questi dettagli estetici rendevano la Miura S facilmente riconoscibile per gli appassionati e i collezionisti.

Nel corso della produzione, la Miura P400 S subì ulteriori miglioramenti tecnici. Le sospensioni furono modificate per migliorare la stabilità e la tenuta di strada, mentre i freni furono aggiornati a dischi autoventilanti, aumentando significativamente la capacità di frenata e la sicurezza del veicolo.

La Miura P400 S divenne la versione di maggior successo commerciale della serie Miura, con 338 esemplari costruiti. Questo successo testimonia l’apprezzamento del mercato per le migliorie introdotte, che resero la Miura S una delle supercar più desiderate e ammirate del suo tempo.

P400SV

Nel marzo del 1971, Lamborghini presentò la versione definitiva della Miura, la SV (SuperVeloce), che rappresentava il culmine dell’evoluzione di questa leggendaria supercar. Con la Miura SV, Lamborghini riuscì a spingere ancora più avanti i confini delle prestazioni e del design automobilistico.

La Miura SV si distingueva per un ulteriore incremento della potenza, raggiungendo i 385 hp (287 kW). Questo aumento di potenza derivava da una serie di miglioramenti tecnici al motore V12, consolidando la reputazione della Miura come una delle vetture più performanti del suo tempo. Il potenziamento del motore permetteva alla Miura SV di offrire un’esperienza di guida ancora più emozionante e coinvolgente, con accelerazioni fulminanti e una velocità massima straordinaria.

La parte posteriore della carrozzeria della Miura SV fu allargata per consentire l’installazione di pneumatici più larghi, migliorando la stabilità e l’aderenza su strada. Un altro cambiamento estetico significativo riguardava i fari anteriori, che persero le caratteristiche “ciglia” presenti nei modelli precedenti. Queste modifiche non solo miglioravano le prestazioni aerodinamiche della vettura, ma conferivano anche un aspetto più moderno e pulito al design complessivo.

La produzione della Miura SV fu limitata a soli 150 esemplari, rendendola una delle versioni più rare e desiderate di questa iconica supercar. Ogni esemplare della SV rappresentava un pezzo unico, spesso personalizzato secondo i desideri dei facoltosi clienti Lamborghini.

L’ultima Miura costruita fu una SV nera, consegnata a Luigi Innocenti, figlio dell’inventore della Lambretta, il 15 gennaio 1973. Questa vettura era destinata al figlio di Innocenti, Gianfranco, allora ventenne. L’ultima Miura SV beneficiava di un V12 ulteriormente potenziato su richiesta, e presentava diversi optional particolari, come il bocchettone del serbatoio cromato a vista e le cornici cromate. Questi dettagli personalizzati riflettevano il livello di lusso e attenzione ai dettagli che Lamborghini offriva ai suoi clienti più esigenti.

In totale, furono prodotti 763 esemplari di Miura, rendendo questa vettura una delle supercar più iconiche e influenti nella storia dell’automobilismo. La Miura SV rappresentò l’apice di questa straordinaria linea di vetture, combinando potenza, eleganza e innovazione in un modo che poche altre auto sono riuscite a eguagliare.

La Miura fu sostituita dalla Lamborghini Countach nel 1974, ma il suo impatto e la sua eredità continuarono a influenzare il design e l’ingegneria delle supercar per decenni. La Miura SV, con la sua combinazione unica di prestazioni straordinarie e design raffinato, rimane una delle vetture più celebrate e ammirate di tutti i tempi.

Miura Jota
Miura Jota

Miura Jota

Nel 1970, Lamborghini, famosa per le sue esclusive e potenti auto sportive, decise di avventurarsi nel mondo delle competizioni con una versione speciale della Miura. L’incarico di sviluppare questa vettura da corsa fu affidato a Bob Wallace, collaudatore esperto della casa automobilistica italiana.

Bob Wallace prese come base una Lamborghini Miura S, già ben collaudata con 20.000 km alle spalle, e la trasformò radicalmente in una vera macchina da competizione. Il telaio originale fu sostituito con uno più rigido, realizzato con lamiera e elementi tubolari, per migliorare la stabilità e la precisione di guida. Le sospensioni Koni da competizione e i freni a disco autoventilanti vennero montati per garantire prestazioni superiori sulle piste.

Il cuore della Miura Jota fu il motore V12, potenziato fino a raggiungere una potenza massima di 440 CV a 8500 giri/min grazie all’installazione di quattro carburatori Weber 46 IDL e all’aumento del rapporto di compressione da 10,4:1 a 11,5:1. Questa spinta aggiuntiva consentì alla vettura di sfrecciare con una velocità e una potenza che la rendevano una vera dominatrice delle competizioni automobilistiche dell’epoca.

Per migliorare ulteriormente le prestazioni, Wallace e il team Lamborghini rimodellarono buona parte della carrozzeria utilizzando pannelli in Avional, un leggero alluminio aeronautico. Le griglie sugli sfoghi del radiatore furono rimosse, i finestrini in vetro sostituiti con elementi in plexiglas e furono apportate altre modifiche aerodinamiche per ridurre il peso complessivo dell’auto a soli 890 kg, ben 150 kg in meno rispetto alla Miura S di serie.

Esternamente, la Miura Jota era facilmente riconoscibile per i passaruota posteriori allargati, necessari per ospitare le ruote larghe da 12 pollici, e per i due grandi baffi anteriori che aumentavano la deportanza. I fanali incassati, coperti da calotte in perspex, contribuivano a migliorare l’aerodinamica e a conferire alla vettura un aspetto aggressivo e tecnologicamente avanzato.

Nonostante l’intenzione iniziale di Lamborghini di creare un’auto da corsa, la Miura Jota non partecipò mai ufficialmente a gare, in linea con l’avversione di Ferruccio Lamborghini per il motorsport. Tuttavia, la Jota divenne un laboratorio di sviluppo per tecnologie avanzate che furono poi trasferite sulla successiva Miura SV, lanciata nel 1971, consolidando il suo status di icona tra le supercar.

Dopo essere stata venduta a un privato e poi distrutta in un incidente stradale, la Miura Jota fu ricostruita con passione da un estimatore supportato dallo stesso Bob Wallace. Questo gesto non solo testimonia l’amore e la devozione dei fan verso quest’auto straordinaria, ma conferma anche il suo posto indiscusso nella storia dell’automobilismo come una delle Lamborghini più rare e desiderate di sempre. La Lamborghini Miura Jota rimane un simbolo di ingegneria audace, prestazioni straordinarie e unicità nel panorama delle supercar, continuando a ispirare e affascinare gli appassionati di automobili in tutto il mondo.

Miura SVJ

Dopo il successo della Miura Jota, Lamborghini rispose alle richieste dei suoi clienti più esigenti con una serie speciale di Miura SV modificati, noti come SVJ. Queste vetture rappresentavano il culmine dell’ingegneria e del lusso automobilistico dell’epoca, combinando le prestazioni da pista con il comfort delle auto stradali di alta gamma.

Le Miura SVJ furono realizzate in risposta diretta alla domanda del mercato per vetture ancora più potenti e esclusive. Lamborghini selezionò alcuni esemplari di Miura SV, identificati dai numeri di telaio 4860, 4934, 4990, 5090 e 5100, per essere trasformati in vere e proprie opere d’arte su quattro ruote.

Le modifiche apportate alle Miura SVJ comprendevano aggiornamenti significativi al motore, sospensioni e freni, mirati a migliorare le prestazioni dinamiche della vettura. Anche il design esterno subì alcune revisioni, spesso con l’aggiunta di elementi aerodinamici o estetici che conferivano un aspetto ancora più aggressivo e distintivo alla vettura.

Alcune Miura SVJ furono modificate presso officine esterne, talvolta con la collaborazione di ex dipendenti Lamborghini, aggiungendo un tocco di artigianalità e personalizzazione che soddisfaceva i desideri specifici dei proprietari. Questi interventi non solo aumentavano le prestazioni, ma conferivano anche un carattere unico a ogni singolo esemplare di SVJ.

Nonostante le capacità da pista delle Miura SVJ, Lamborghini mantenne la politica di Ferruccio Lamborghini di non partecipare ufficialmente a competizioni di velocità. Le rare apparizioni delle Miura su circuito avvennero grazie a piloti privati, come Gerhard Mitter e Marcello Gallo, che sfoggiavano le loro vetture in eventi e gare non ufficiali.

Oggi, le Lamborghini Miura SVJ sono tra le vetture più ricercate e apprezzate dai collezionisti di tutto il mondo. La loro combinazione di prestazioni eccezionali, design iconico e esclusività le rende non solo dei simboli dell’automobilismo italiano, ma anche dei veri e propri gioielli dell’ingegneria automobilistica.

Lamborghini Miura Roadster
Lamborghini Miura Roadster

Miura Roadster

Nel mondo dell’automobilismo, poche storie sono così affascinanti quanto quella del prototipo Lamborghini Miura Roadster. Nata dalla determinazione di alcuni degli ingegneri più brillanti e visionari della Lamborghini, questa vettura ha attraversato una serie di trasformazioni sorprendenti prima di emergere come una delle più ammirate nella storia delle auto d’epoca.

Tutto ebbe inizio con Ferruccio Lamborghini, l’audace imprenditore italiano che nel 1966 aveva rivoluzionato il panorama automobilistico con la Lamborghini Miura P400. Tuttavia, quando venne proposta la versione cabriolet, Ferruccio rifiutò, preferendo concentrarsi sulle berline grand tourer, simbolo di lusso e comfort.

Ma il sogno di una Miura scoperta non morì lì. I brillanti ingegneri Gian Paolo Dallara e Paolo Stanzani, insieme al designer Marcello Gandini, non rinunciarono all’idea di una versione convertibile. Nei loro ritagli di tempo, svilupparono un prototipo che venne finalmente presentato al Salone dell’automobile di Bruxelles del 1968, nello stand di Bertone.

Questo prototipo della Miura Roadster, telaio N°3498 e motore N°1642, era una meraviglia di design e ingegneria. Caratterizzato da una configurazione targa e da una coda leggermente diversa rispetto alla versione coupé, il prototipo colpì profondamente gli spettatori e suscitò un notevole interesse.

Nonostante il successo e le molte richieste ricevute, Lamborghini rifiutò nuovamente di mettere in produzione la Miura Roadster. La casa automobilistica aveva una visione ben definita del proprio marchio e considerava le cabriolet non all’altezza dello stile grand tourer che voleva mantenere.

Il destino della Miura Roadster prese una piega inaspettata quando venne venduta all’ILZRO (International Lead Zinc Research Organization). Questa società americana, in collaborazione con il designer della Ford John Foster, trasformò radicalmente l’auto in un esemplare promozionale, rinominandola Zn75 per sottolineare l’uso di metalli come il piombo e lo zinco nei suoi trattamenti.

La trasformazione fu estrema: l’auto originariamente azzurra divenne verde scuro, gli interni in pelle magnolia furono sostituiti con camoscio marrone, e la carrozzeria fu pesantemente cromata e zincata, aggiungendo un notevole peso di 600 kg.

Nonostante queste modifiche, la Miura Roadster Zn75 continuò a suscitare interesse nel mondo dei collezionisti. Cambiò diverse proprietà nel corso degli anni, con il suo valore che crebbe costantemente, fino a quando nel 2007 venne acquistata dal collezionista Adam Gordon di New York.

Gordon decise di restaurare l’auto alle sue condizioni originali, un processo lungo e meticoloso che riportò la Miura Roadster alla sua gloria originale. Il restauro fu così impeccabile che nel 2008 l’auto venne esposta al prestigioso Pebble Beach Concours d’Elegance, ottenendo il secondo posto assoluto. Nel 2010, vinse il premio per il miglior restauro al concorso d’eleganza Villa d’Este, confermando il valore e l’eleganza senza tempo di questo raro esemplare.

La storia della Miura Roadster è un testamento alla perseveranza, all’innovazione e alla passione nel mondo dell’automobilismo. Benché Lamborghini abbia inizialmente rifiutato di produrla in serie, il suo destino ha dimostrato che anche un prototipo respinto può trasformarsi in un’icona amata e rispettata nel panorama delle auto d’epoca.

Miura SVJ Roadster

Nel mondo delle auto d’epoca, poche creazioni sono tanto audaci e uniche quanto la Lamborghini Miura SVJ Roadster, una versione speciale nata dall’ingegno di un carrozziere svizzero e presentata in anteprima al Salone di Ginevra del 1981, otto anni dopo la fine della produzione regolare della Miura.

La storia di questa Miura inizia con una base solida: una Miura S usata, con telaio nº4808 e motore nº30583. Per trasformarla in una roadster mozzafiato, il tetto originale venne completamente rimosso, anche se in questo caso era possibile rimontarlo, contrariamente alla prima Miura Roadster del ’68. Questo design permetteva una versatilità unica, mantenendo la sportività della Miura ma offrendo al contempo il piacere di guida al vento.

La trasformazione non si limitò alla rimozione del tetto. La SVJ Roadster adottava numerose specifiche simili ai prestigiosi modelli SV e SVJ, includendo un vistoso alettone posteriore integrato con la coda e una verniciatura in bianco perlato, che la rendeva immediatamente riconoscibile tra le altre Miura. Un dettaglio distintivo erano anche le sottili prese d’aria verticali installate subito davanti alle ruote posteriori, aggiungendo un tocco di aggressività al design già iconico della Miura.

Nel corso degli anni, la vettura subì alcune modifiche. Inizialmente dipinta in bianco perlato, la SVJ Roadster successivamente cambiò colore: da argento metallizzato a verde lime, continuando a riflettere l’evoluzione dei gusti e delle tendenze nel mondo delle auto d’epoca.

La storia di questa Miura non si limita alla sua creazione e trasformazioni estetiche. Nel 2006, la vettura fece una significativa apparizione al Paris Rétromobile Motor Show, catturando l’attenzione degli appassionati di tutto il mondo. Successivamente, partecipò anche al prestigioso Festival of Speed di Goodwood, dove il suo fascino senza tempo e la sua storia unica furono celebrati tra i collezionisti e gli esperti del settore.

La Miura SVJ Roadster rappresenta non solo l’ingegnosità di un carrozziere svizzero e l’eccezionale eredità della Lamborghini Miura, ma anche la persistente attrazione esercitata dalle auto d’epoca sul pubblico internazionale. La sua storia continua a ispirare e ad affascinare, testimoniando l’impegno per l’innovazione e la bellezza nel mondo dell’automobilismo d’elite.

Tutto rose e fiori?

L’epopea della Lamborghini Miura, celebre per il suo design rivoluzionario e le prestazioni mozzafiato, è anche una storia di sfide tecniche e soluzioni creative affrontate dagli ingegneri dell’epoca.

Quando la Miura fece il suo debutto nel 1966, il mondo dell’automobilismo fu sconvolto dalla sua audace disposizione del motore centrale trasversale e dal design futuristico. Tuttavia, dietro l’eleganza della Miura si nascondevano alcuni problemi significativi che ne limitavano le prestazioni e la maneggevolezza.

Uno dei principali problemi affrontati dalla Miura fu la generazione di portanza aerodinamica nella parte anteriore, aumentando la velocità. Questo fenomeno rendeva l’auto instabile e poco precisa nelle curve ad alta velocità, un problema che non fu mai completamente risolto ma che portò a migliorare l’evacuazione dell’aria dal radiatore e, in alcuni casi, all’installazione di uno spoiler per aumentare la stabilità.

Un altro inconveniente significativo derivava dal telaio della Miura, caratterizzato da lamierati molto sottili (0,8 mm), il che comprometteva la rigidità torsionale dell’auto. Questo rendeva la Miura meno precisa nella guida rispetto alle aspettative degli ingegneri Lamborghini.

L’assenza di servofreno era un altro punto delicato. La Miura richiedeva pastiglie speciali e il pedale del freno risultava duro e poco maneggevole, un aspetto che richiedeva una certa abitudine da parte dei conducenti per essere gestito efficacemente.

Un problema meno conosciuto ma altrettanto critico era la disposizione trasversale del motore, che provocava il movimento laterale dell’olio motore e dell’olio del cambio a causa della forza centrifuga nelle curve. Questo fenomeno poteva compromettere la lubrificazione di alcune parti del motore, influenzando negativamente le prestazioni e l’affidabilità dell’auto.

Ma forse il problema più serio e potenzialmente pericoloso riguardava i carburatori. Questi erano soggetti a ristagni e perdite di benzina, un rischio che, in alcune circostanze, poteva portare a pericolosi incendi quando il carburante entrava in contatto con le parti calde del motore.

Nonostante queste sfide, la Miura rimane una pietra miliare nell’industria automobilistica, non solo per il suo design rivoluzionario ma anche per la sua capacità di affrontare e superare le difficoltà tecniche dell’epoca. Le soluzioni trovate dagli ingegneri Lamborghini hanno contribuito a definire il futuro delle supercar e hanno alimentato la passione dei collezionisti e degli appassionati per decenni.

La Lamborghini Miura non è solo un’icona di stile e prestazioni, ma anche un esempio di come l’innovazione possa coesistere con le sfide tecniche, portando a soluzioni che continuano a ispirare nel mondo delle auto d’epoca e oltre.