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Il Codacons attacca i Registri e le auto storiche

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L’80% delle auto certificate come “storiche” sarebbero invece utilizzate quotidianamente come mezzi di trasporto ordinari, inclusi furgoni commerciali in piena attività. Questo utilizzo improprio delle agevolazioni fiscali destinate alle auto storiche solleva preoccupazioni sia in termini ambientali.

Non c’è pace nel mondo delle auto storiche, dove si è scatenata da tempo una vera e propria caccia alle streghe. Una guerra senza quartiere che passa dal presunto monopolio al presunto oligopolio con una velocità incredibile. Dai bracci di ferro Aci-Asi, alle sfide degli enti di promozione, passando per un richiamo della Camera Arbitrale Internazionale, ad arrivare ad un esposto del Codacons il passo è breve. Si potrà certamente dire che sono tutte azioni separate, ma ci riserviamo di crederci “nì”, visto che tutto accade in pochi mesi in un mondo che prima sembrava così piccolo che quasi nessuno lo vedeva.

Dunque, il settore delle auto storiche in Italia è oggetto di attenzione e dibattito da diversi mesi, e recentemente è stato al centro di una denuncia, in cui il Codacons attacca le auto storiche presso varie istituzioni, tra cui Antitrust, la Corte dei Conti e il Ministero dei Trasporti. Secondo l’associazione, ci sono numerose anomalie che potrebbero avere conseguenze dannose sia sul fronte erariale che su quello ambientale e della sicurezza stradale.

Attualmente in Italia, su un totale di 40,2 milioni di auto circolanti, circa 4,3 milioni sono considerate auto di interesse storico e collezionistico, con un valore stimato complessivo di 104 miliardi di euro. Tuttavia, secondo le stime del Codacons, solo il 20% di queste vetture certificate come “storiche” rispetterebbe effettivamente i requisiti previsti dalla normativa per beneficiare delle esenzioni fiscali.

L’80% delle auto certificate come “storiche” sarebbero invece utilizzate quotidianamente come mezzi di trasporto ordinari, inclusi furgoni commerciali in piena attività. Questo utilizzo improprio delle agevolazioni fiscali destinate alle auto storiche solleva preoccupazioni sia in termini ambientali, a causa delle emissioni inquinanti di veicoli più vecchi, che in termini di sicurezza stradale.

La normativa italiana, in particolare l’articolo 60 del Codice della Strada e l’articolo 215 del D.P.R. 495/1992, stabilisce i criteri per l’iscrizione delle auto nei registri di interesse storico e collezionistico. Tuttavia, secondo il Codacons, questi registri sono gestiti da associazioni private che non svolgerebbero gratuitamente l’operazione di certificazione, richiedendo agli utenti di iscriversi e di pagare una quota associativa oltre a un ulteriore pagamento per ottenere l’attestazione storica.

Un altro problema sollevato dall’associazione riguarda la qualità dell’istruttoria per il rilascio della certificazione, che sarebbe affidata a persone prive di formazione specifica o titoli riconosciuti. Questa situazione crea una disparità nelle valutazioni delle auto storiche su tutto il territorio nazionale.

Il Codacons denuncia anche una presunta posizione di oligopolio da parte delle associazioni iscritte nei registri, che potrebbe comportare un danno erariale stimato intorno ai 30 milioni di euro all’anno, considerando le esenzioni fiscali di cui beneficiano i proprietari delle auto storiche.

Di fronte a queste criticità, il Codacons ha chiesto a varie istituzioni, inclusi Antitrust, la Corte dei Conti e il Ministero dei Trasporti, di avviare un’indagine approfondita sul settore delle auto storiche al fine di accertare eventuali irregolarità che danneggiano la concorrenza e le casse pubbliche. La richiesta di indagine coinvolge anche la Procura di Roma e la Guardia di Finanza, evidenziando la gravità delle questioni sollevate dall’associazione riguardo a questo settore.

Il Comunicato ufficiale del Codacons

Ecco di seguito il comunicato stampa integrale con cui il Codacons attacca le auto storiche e i Registri: “In tema di “auto storiche”, sempre più diffuse in Italia, il Codacons ha presentato oggi un esposto ad Antitrust, Corte dei Conti e Ministero dei Trasporti, denunciando alcune anomalie del settore che potrebbero portare a danni sul fronte erariale e a pesanti conseguenze sul piano ambientale e della sicurezza stradale. Nel nostro Paese su un totale di 40,2 milioni di auto circolanti le vetture che hanno un interesso storico e collezionistico sono circa 4,3 milioni, per un valore complessivo pari a 104 miliardi di euro. Secondo le ultime stime in Italia 553mila vetture sono certificate come “storiche”, ma di queste solo il 20% avrebbe effettivamente i requisiti per ottenere il riconoscimento previsto dalle norme vigenti e, quindi, godere delle esenzioni totali o parziali sulle tasse automobilistiche (bollo auto, Ipt, polizze assicurative, ecc.). L’80% del parco auto certificato come “storico” risulterebbe oggi usato quotidianamente per assolvere alle normali funzioni da mezzo di trasporto, e tra questi vi sarebbero anche furgoni commerciali in pieno esercizio. Nel nostro ordinamento la disciplina di riferimento è costituita dall’art. 60 del Codice della Strada secondo cui «Rientrano nella categoria dei motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico tutti quelli di cui risulti l’iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI». L’art. 215 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di attuazione del Codice della Strada) classifica gli autoveicoli di interesse e/o collezionistico, quelli iscritti nei Registri dell’art. 60 del Codice della Strada con una anzianità di 20 anni – spiega l’associazione – Tuttavia sembrerebbe emergere come tali Registri, così come elencati dal Codice della Strada, siano mere associazioni private le quali non eseguirebbero gratuitamente tale operazione ma, proprio al fine di rilasciare la certificazione finale richiesta, richiederebbero all’utente un’iscrizione all’associazione stessa. Oltre alla quota associativa, verrebbe chiesto ai proprietari delle auto di effettuare un ulteriore pagamento all’ente certificatore per ottenere l’attestazione storica del proprio mezzo. Il compito di realizzare l’istruttoria per il rilascio della certificazione verrebbe assegnato a semplici amatori di federazioni private che non possiederebbero formazione alcuna, né alcun titolo riconosciuto che ne acclari la competenza, e ciò crea una grande sperequazione di valutazioni sul territorio nazionale. Il rischio – denuncia il Codacons nell’esposto – è che siano qualificate impropriamente come storici veicoli semplicemente vecchi, quotidianamente utilizzati dai proprietari per la circolazione stradale, godendo di agevolazioni fiscali con grave danno tanto all’ambiente, considerate le emissioni inquinanti delle auto più anziane, quanto alla sicurezza stradale. Una presunta posizione di oligopolio posta in essere dalle associazioni iscritte nei Registri che potrebbe inoltre generare un danno erariale stimato in circa 30 milioni di euro all’anno, considerate le esenzioni delle tasse automobilistiche di cui godono i proprietari delle auto storiche. Per tali motivi il Codacons ha chiesto ad Antitrust, Corte dei Conti e Mit, oltre che alla Procura di Roma e alla Guardia di Finanza, di indagare a tutto campo sul settore delle auto storiche, allo scopo di accertare eventuali irregolarità a danno della concorrenza e delle casse pubbliche”.