24 Heures du Mans 1970: Porsche disintegra i rivali

porsche 917 le mans 1970

Nel 1969 che la Porsche si avvicina per la prima volta alla vittoria assoluta, sfiorando il traguardo per soli 75 metri. È una sconfitta dolorosa, ma preziosa. Una lezione che la squadra trasforma in motivazione per il futuro. La gara del 1970 diventa così il palcoscenico dove la sfortuna e gli errori passati vengono trasformati in determinazione e successo.

Il dualismo tra Ferrari e Ford ha contrassegnato la 24 Ore di Le Mans per tutti gli anni Sessanta. Mentre Dearborn e Maranello scrivevano pagine epiche del motorsport, Stoccarda lavorava in silenzio per scalare il podio. Al giro di boa del decennio, puntuale, la Casa tedesca ha fatto la doccia di Champagne al pubblico della Sarthe. Il 14 giugno ricorre l’anniversario della prima 24 Ore targata Porsche. Dopo aver percorso 4.607,11 chilometri in 343 giri, la 917 KH (kurzheck, codacorta) da 580 cavalli iscritta con il numero 23 fra le Sport 5 litri dal team Porsche Salisburgo si è aggiudicata finalmente la vittoria assoluta.

L’edizione, la 38esima, è stata particolarmente dura: appena sette vetture hanno tagliato il traguardo. È stata anche la prima senza la tradizionale partenza “Le Mans”: i piloti hanno preso il via schierati spina di pesce, ma a cinture allacciate. Il trionfo Porsche è stato totale: alle spalle dei piloti Hans Herrmann e Richard Attwood, il podio è stato completato da Gerard Larrousse e Willy Kauhsen su Porsche 917 LH (langheck, codalunga) Martini Racing; e da Rudi Lins ed Helmut Marko sulla 908/02. Nelle altre classi, il dominio è stato confermato dalle 908, 911S e 914/6 che si sono aggiudicate rispettivamente le classi Gruppo 6 fino a 3 litri, Gran Turismo 2.5 litri e Gran Turismo 2 litri. La storia della 24 Ore di Le Mans è un racconto di passione, competizione e innovazione. E la rivalità tra Ferrari, Ford e Porsche è un capitolo indimenticabile di questa leggenda.

Fattore vincente: aerodinamica

Nel mondo delle corse automobilistiche, ogni dettaglio conta. Ma nel 1970, per la Porsche, un dettaglio in particolare si rivelò determinante per il successo a Le Mans: l’aerodinamica. Fu un momento di genio, un’idea che cambiò il corso della storia delle corse automobilistiche. La Porsche, insieme a John Wyer e alla Scuderia Gulf, decise di correre ai ripari dopo gli scarsi risultati ottenuti l’anno precedente con la 917. Era necessario un cambiamento, una svolta che avrebbe portato la Casa di Zuffenhausen alla vittoria. Durante le prove a Zeltweg, un ingegnere di Wyer, John Horsmann, ebbe un’idea brillante: sacrificare un po’ di resistenza all’aria per aumentare la deportanza. Modellò a mano una nuova coda più corta, composta da fogli di alluminio rivettati, e il team lavorò su di essa fino all’ultimo momento.

Quella nuova aerodinamica si rivelò essere la carta vincente. “Fin dall’inizio la 917 si rivelò un’auto da corsa molto difficile”, ha detto Herrmann. “Era lei che portava noi, anziché il contrario. Diventò vincente quando riuscimmo a gestirne e ottimizzarne l’aerodinamica”. Il resto è storia. Il trionfo della Porsche a Le Mans fu epico, un momento che sarebbe rimasto impresso nella memoria di tutti gli appassionati di automobilismo. Al ritorno a Stoccarda, l’impresa della Porsche fu celebrata con una parata che culminò nella piazza principale della città. Ma il significato di quella vittoria andava oltre il semplice successo in pista. “La vittoria ha acquisito ulteriore significato negli anni”, ha poi aggiunto Attwood. “Chi avrebbe pensato che la Marca avrebbe conquistato un numero record di successi a Le Mans”. Infatti, con 108 vittorie di classe e 19 assolute in una serie ininterrotta di partecipazioni dal 1951 a oggi, la Porsche è il costruttore di maggior successo nella storia quasi centenaria del circuito della Sarthe.

Ma dietro quella vittoria c’era anche una storia personale, un’altra sfida che Attwood doveva affrontare. “Durante la corsa non riuscivo a mangiare nulla, potevo solo bere del latte per tenermi su. Solo dopo scoprii che avevo gli orecchioni…”. Questa è la magia di Le Mans, un mix unico di tecnologia, abilità dei piloti e resistenza umana. E per la Porsche, quella vittoria del 1970 è solo una tappa in una lunga e gloriosa storia di successi e innovazioni che continua a oggi, alimentata dalla passione e dalla determinazione di coloro che la guidano.

Le storie di Hermann e Attwood

Le gare automobilistiche sono spesso accompagnate da storie di passione, sacrificio e trionfo. Ma per due protagonisti della scuderia Porsche a Le Mans, nel 1970, il traguardo significava molto di più: segnava la fine di un’epoca e l’inizio di un nuovo capitolo della loro vita. Per Hans Herrmann, già quarantenne nel 1970, la vittoria a Le Mans significava molto più di un semplice successo in pista. Aveva promesso alla moglie di ritirarsi immediatamente in caso di vittoria, dopo aver sfiorato il traguardo nel ’69. E fu di parola. Chiuse alla grande una carriera di stradista e pilota di Formula 1 durata 16 anni, lasciando un segno indelebile nel mondo delle corse automobilistiche.

Ma la storia non finisce qui. Nel ’71, Richard Attwood sfiorò la doppietta, giungendo secondo sempre su una 917 KH. Il destino sembrava giocare con lui, ma la sua determinazione e il suo talento rimasero indiscussi, regalando al pubblico delle corse automobilistiche momenti di grande emozione e spettacolo. E tra una gara e l’altra, una curiosità accese gli animi degli appassionati: nell’edizione del 1970, un’altra Porsche 908, ufficialmente non in gara e guidata da Jonathan Williams e Herbert Linge, prese la via dei box dopo 282 giri. Era la Spyder iscritta dalla Solar Productions di Steve McQueen, equipaggiata con tre cineprese da 35 mm, che filmò le sequenze di gara del celebre film “Le 24 Ore di Le Mans”. Un’incursione cinematografica che aggiunse un tocco di magia all’epica della corsa.

A ricordo di quel fantastico fine settimana francese, il 13 e 14 giugno il Porsche Museum di Stoccarda esibirà la 917 KH originale rossa con il numero 23, un’icona della storia delle corse automobilistiche che continua a ispirare generazioni di appassionati in tutto il mondo. Le storie di Herrmann e Attwood a Le Mans sono solo due capitoli di una lunga e gloriosa saga di corse automobilistiche, fatta di sacrifici, successi e un po’ di magia. E mentre i titoli di coda scorrono sul grande schermo delle loro carriere, il loro leggendario passato continua a vivere nei cuori di tutti gli appassionati di corse automobilistiche.

le mans, 917 kh, 1970
Le Mans, Porsche 917 KH, 1970

Leggenda Porsche a Le Mans

La storia della Porsche a Le Mans è una saga epica, una rincorsa lunga e travagliata verso la gloria che inizia nel lontano 1951. È l’anno del debutto della 356 SL, un’auto che segna l’inizio di una serie di vittorie di classe che avrebbero definito il destino della Casa di Zuffenhausen sulla pista francese. Le Mans è più di una semplice gara; è una vetrina unica al mondo, una sfida che richiede non solo prestazioni eccezionali, ma anche resistenza, strategia e un’intera squadra in sintonia. Per Porsche, ogni anno a Le Mans è un’opportunità per dimostrare la propria superiorità tecnica e sportiva.

Ma è nel 1969 che la Porsche si avvicina per la prima volta alla vittoria assoluta, sfiorando il traguardo per soli 75 metri. È una sconfitta dolorosa, ma preziosa. Una lezione che la squadra trasforma in motivazione per il futuro. La gara del 1970 diventa così il palcoscenico dove la sfortuna e gli errori passati vengono trasformati in determinazione e successo. “Fu una gara dominata dalla pioggia”, ricorda il pilota tedesco Herrmann. “Dovevamo continuamente cambiare le gomme per adattarci alla situazione del momento. Penso che la vittoria arrivò grazie alla bella armonia raggiunta all’interno della squadra”.

In una corsa estenuante come Le Mans, la coesione della squadra è fondamentale. Con soli due piloti al volante per l’intera durata della gara, ogni aspetto della strategia e dell’esecuzione deve essere impeccabile. Durante quella leggendaria 24 Ore, il circuito vede ritirarsi quasi tutti i concorrenti. È uno spettacolo di resistenza e determinazione, dove la Porsche emerge come una forza dominante. Le rivali cadono una dopo l’altra, lasciando il campo libero alla determinazione e alla tenacia della Casa di Zuffenhausen. “Le Mans è un posto dove può andare tutto bene, o tutto male”, ha spiegato Richard Attwood. “A quei tempi, la 24 Ore richiedeva più uno stile di guida di durata, che non da corsa vera e propria. Vincere lì su una Porsche insieme a Hans fu assolutamente inaspettato”.

È la dimostrazione che la vittoria a Le Mans non è solo una questione di velocità pura, ma di resistenza, astuzia e capacità di adattamento. La Porsche ha imparato a navigare tra le sfide e i pericoli della pista francese, emergendo sempre più forte e determinata. Da quel momento in poi, la Porsche diventa sinonimo di successo a Le Mans, conquistando vittorie e titoli che alimentano la leggenda della Casa di Zuffenhausen nel mondo delle corse automobilistiche. La lunga rincorsa verso la gloria continua, con ogni giro in pista che porta con sé una nuova sfida e una nuova opportunità di dimostrare la propria superiorità. E per la Porsche, la leggenda di Le Mans è solo l’inizio di una storia ancora più grande da scrivere sulle strade e sulle piste di tutto il mondo.